“Con i bambini, nel loro interesse, bisognerebbe stare attenti a non limitare le possibilità dell’assurdo. Non credo che vada a scapito della loro formazione scientifica”. (Gianni Rodari)
Dopo molti anni ho (ri)letto Grammatica della Fantasia di Rodari. Ho (ri)trovato l’ultima edizione su una bancarella di Pordenonelegge. Una vocina mi diceva “leggila che ti fa bene”. Così è stato. È un classico, senza dubbio. Io mi occupo soprattutto di divulgazione, ovvero di un mondo popolato da scienziati e personaggi reali, non di bacchette magiche e befane a cavallo di aspirapolvere. È un mondo apparentemente lontano da Rodari ma è solo un pregiudizio. La Grammatica della fantasia si propone come “introduzione all’arte di inventare storie”. È una lettura indispensabile per tutti coloro che scrivono libri per ragazzi, per chi insegna, fa animazione o li incontra in piccole folle, come spesso accade anche a me. Rodari era un ottimo divulgatore. Partiva da esempi concreti, da esperienze dirette e da simpatici “case history”. Il pubblico delle sue storie è per una fascia d’età oggi più bassa di quella dei miei libri, ma le sue suggestioni sono un regalo per tutti, valgono anche per gli scrittori “per grandi” e per quelli di fantascienza. Tra queste Rodari cita un meccanismo che è molto utile nella divulgazione: la sottrazione fantastica. Un bel giorno sparisce qualcosa: lo zucchero, oppure la carta, il Sole, il denaro… Che succede? Nascono storie, bellissime storie.
Rodari ricorda anche una sua storia dove un omino da niente, camminava in una strada da niente che non portava in nessun posto. Bene, questa storia da niente si interseca con una storia vera, quella di una delle invenzioni più straordinarie e utili dell’umanità: lo Zero, ovvero la raffigurazione del Niente. Quando ho finito di scrivere e disegnarla mi sono acconto d’aver ritrovato Rodari. Lo Zero, il signor nessuno, il dottor Nulla, l’orribile vuoto, l’ultimo dei numeri prende la parola e si racconta. Nasce come niente e per migliaia di anni rimane niente. Fino a quando un saggio indiano lo disegna e gli dà un potere straordinario, da bacchetta magica: quello di moltiplicare per dieci il valore del numero alla sua sinistra.
Sembra una invenzione da niente. Ma quando arriva in Europa portata da un ragazzino di nome Fibonacci succede un pandemonio. Lo Zero viene perseguitato come strumento del diavolo e persino bandito in città come Siena.
Lo brucerebbero sulla pubblica piazza, ma se la cava, non è possibile bruciare il Niente. Poi come vuole il canovaccio della favole che funzionano (riportato da Rodari) l’eroe Zero sconfigge gli antagonisti (i sostenitori dei numeri romani), e riceve
da tutti, scienziati e artisti , gli onori che merita. La sorpresa finale è che oggi senza lo Zero non funzionerebbe un bel niente: telefonini, computer, satelliti e tv digitali.
Chiamatela pure divulgazione, ma mi sarebbe piaciuto farla leggere a Rodari.
Da Andersen/ Gennaio-febbraio 2016 – n. 329