La prossima settimana ritorno in Val d’Orcia, che amo senza riserve dagli Anni settanta, per la sua gente, la grafica del paesaggio e per il suo microclima, non ultimo per i suoi vini, che non scherzano. Ora è un’area protetta, anzi un “parco artistico, naturale e culturale”. In realtà era stata inconsapevolmente “salvata” dal ministro Amiltore Fanfani che aveva voluto per forza far passare l’Autosole per Arezzo e non per il tracciato dell’antica Cassia. Per più di un magico decennio la Val d’Orcia rimase sospesa nel tempo, frequentata solo da stranieri e da pochi intenditori. Ora è conosciuta in tutto il mondo e molti degli antichi poderi tra San Quirico e Montalcino sono diventati agriturismi di lusso e aziende agricole d’alto profilo. Anche il paesaggio agricolo è cambiato: ricordo ancora i campi di grano intervallati da filari di vite, cosa che aveva la sua logica. Oggi i vigneti specializzati occupano intere colline, mentre i campi di cereali si stendono per centinaia di ettari, senza interruzioni di sorta. Le distese a monocoltura mi inquietano un po’, soprattutto su terreni poveri e argillosi come quelli della Val d’Orcia, anticamente occupati da boschi di lecci. Va detto che le precipitazioni annuali sono (anzi erano) meno di 700 millimetri annui, mentre ora escono sempre più spesso in fantasia, come -se non erro- 1364,4 millimetri nel 2014. Il paesaggio della Val d’Orcia è prezioso e delicato come la barriera corallina australiana ma è fatto dall’uomo. Se il clima cambia, meglio farci un pensierino.
Articoli correlati:
Di agricoltura si può parlare in mille modi diversi
Prima della conferenza sul clima
Redazione
Quest’anno, a oggi le precipitazioni sono invece molto al disotto della media.
Questo non diminuisce la preoccupazione. Anzi.